Forse ricomincio con i pareri non richiesti.

Essendo io una che arriva alle cose belle sempre con l’ultimo diretto, i Pinguini li ho conosciuti “davvero” solo dopo Sanremo. Di positivo c’è che durante la quarantena una delle cose che ho potuto fare è stata recuperare il tempo perduto; quindi, così come ho fatto per i Cure tanti anni fa, oltre a fare incetta di tutto il merchandising disponibile, mi sono comprata tutti gli album (solo Gioventù Brucata latita ancora…) e me li sono ascoltati CON CALMA. Onestamente avevo quasi paura che non sarei riuscita a farmi coinvolgere, e all’inizio è stato un po’ così, perché il mio cervellino bacato ha sempre avuto bisogno di associare una canzone a un coinvolgimento emotivo forte per poterla davvero amare. Ma in questo caso è successo l’incredibile: dopo il secondo, massimo terzo ascolto, mi sono completamente persa nella loro musica, senza sentire la necessità di associarla a una persona o a un momento particolare della mia vita. E’ vero, i Pinguini come band mi ricordano tantissimo tutti miei migliori amici  (bergamaschi doc), ma la loro musica in questo caso mi rapisce semplicemente perché è BELLA, è appassionata e mi permette di affrontare le rogne con leggerezza anche quando vorrei solo piangermi addosso.  E per ora non riesco a spiegarmi in nessun altro modo, perché per elaborare certe sensazioni 3 mesi non bastano.

Però quello che penso di questi album lo vorrei lasciar scritto comunque, perché mi stanno dando tanto e voglio conservare tutti pensieri che mi ronzano per la capoccia almeno fino a quando non avrò una maturità maggiore da poterne parlare in modo più approfondito. E poi finchè non torneranno i concerti non conto di scrivere molto altro…

Quindi penso che tra qualche giorno comincerò da “Il Re è Nudo”.


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